Usina
odore intenso di cenere insieme all'aroma incessante della canna da zucchero, un brodo caldo e attraente, un sogno di bambino. dolcissime interminabili colline verdi, motagne di sabbia rossa. da un lato all'altro 60 chilometri. in mezzo, sperduti, autobus rotti. il fuoco brucia il verde e rimane solo la canna, e il lavoro. quasi duemila tagliatori, in maggioranza indios. i passi lenti e il movimento improvviso del macete, elegante. la terra che arde. tutto attorno camion giganteschi, di quelli americani minacciosi, che caricano infinite tonnellate di canne. il lavoro nero, il freddo dell'alba, la fatica indescrivibile. c'e' da diventare marxisti. il capo ironizza sul fatto che gli indios guadagnano quasi quanto lui; pero' si alzano alle 4 per lavorare quasi 10 ore in un infernale labirinto di fiamme, sudore, pesi enormi. il guadagno a metro quadrato, loro avanzano nella foresta fittissima. con apatica rabbia. una sola parola di solidarieta' , o anche solo di interesse, apre qualsiasi imbarazzo. e ti senti veramente uomo, vicino.
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